29 marzo 2016

The Goon Sax - Up To Anything [ALBUM REVIEW]



Indizio uno: The Goon Sax sono di Brisbane, Australia. Indizio due: il frontman si chiama Louis Forster. Indizio tre: Up To Anything, il pezzo che apre l’album e lo intitola, sembra davvero avere nel dna lo stile dinoccolato e irresistibilmente obliquo dei Go Betweens. Faccio una rapida ricerca in rete ed ecco la risposta: il Forster dei Goon Sax non è altri che il figlio del grande Robert Forster dei Go Betweens: i cromosomi non mentono.
I tre giovanissimi (non sono ancora maggiorenni, se ho capito bene!), al di là degli inevitabili paragoni, suonano quel genere di indie-pop che la scena australiana e neozelandese (The Chills, The Bats, etc.) ha quasi canonizzato negli ultimi tre decenni: pigre chitarre jangly, aria vagamente annoiata, melodie che sembrano stonate ma non lo sono affatto, attitudine artigianale, retrogusto folk e su tutto quell’ironia sottile capace di dire cose serie senza farti capire se sono serie veramente (il formidabile singolo Boyfriend mi sembra un esempio perfetto).
Forster e i suoi due compagni, forse anche a causa della scarsa esperienza, puntano all’essenzialità più totale, ma le canzoni le sanno indubbiamente scrivere ed hanno dalla loro una freschezza invidiabile.



27 marzo 2016

The Rightovers - Blue Blood [ALBUM REVIEW]



Esattamente a metà fra la quieta malinconia del kiwi pop neozelandese e le chitarre jangly californiane, nel bel mezzo del Pacifico, ci sono le isole Hawaii. E dalle isole Hawaii proviene una misconosciuta band, The Rightovers, che sembra stare lì giusto a congiungere geograficamente il suono inconfondibile dei gruppi della mitica Flying Nun con la brezza crepuscolare della West Coast. 
Blue Blood, che è l’album di debutto di Chris Holmes e compagni, è uscito qualche mese fa, ma mi è capitato tra le mani solo di recente (e peccato, perchè sarebbe finito senz’altro fra i migliori del 2015!).
In verità mi è bastato ascoltare i primi trenta secondi dell’iniziale Valerie, una piccola gemma che profuma di Field Mice e Brighter ma scintilla di luce propria, per innamorarmi dei Rightovers. 
Tutto nel cristallino guitar pop della band hawaiiana è – come è naturale che sia – perfettamente illuminato, dal primo all’ultimo minuto, con un magnifico equilibrio fra elettricità e melodia.
PS: se – come è successo a me – vi sembra di avere già sentito Hello Cruel World da qualche parte, avete ragione: è una cover (riuscitissima) di un singolo dei Mekons che compie esattamente 30 anni. 




26 marzo 2016

Tacocat - Lost Time [ALBUM REVIEW]



Non sembra un caso che i Tacocat (o per meglio dire “le” Tacocat, essendo ragazze i tre quarti della band) vengano da Seattle, Washington. E’ da quelle parti in fondo che, circa venticinque anni fa, la K Records gettò i semi di quello che sarebbe passato alla storia come Riot Grrls Movement. Nessun dubbio quindi che Emily Nokes e sodali, che con Lost Time sono già al terzo disco, si sentano un po’ gli eredi legittimi di Lois Maffeo e Corin Tucker. 
Quello che Tacocat sembra aggiungere come ingrediente speciale alla tradizionale ricetta pop-punk chitarra-basso-batteria, oltre ad una potente esuberanza melodica, è una sapiente dose di coloratissima e sorridente ironia, che trova nelle liriche dei risultati spassosi. I Hate The Weekend e Dana Katherine Scully (si può non amare una band che dedica una canzone all’eroina di X Files?) sono già dei perfetti alternative anthems