29 marzo 2020

Waxahatchee - Saint Cloud ALBUM

Otto anni fa Katie Crutchflield scelse di chiamare il suo progetto solista Waxahatchee in onore di un torrente prossimo alla sua hometown Birmingham, in Alabama. Le sue radici sudiste sono sempre state presenti come una solida matrice folk sotto la ruggine elettrica delle sue canzoni: lo erano ai tempi di American Weekend, nel songwriting inquieto e ipsiratissimo del suo capolavoro Ivy Tripp, nel pop muscolare delle sue ultime produzioni. 
Arrivata al sesto album, Katie ha confessato di avere scritto e registrato le sue prime canzoni "da sobria", quasi incerta di quello che sarebbe stato il risultato in una fase di ripensamento della sua vita.
Saint Cloud fotografa Waxahatchee in una sorta di quiete dopo la tempesta, in cui Katie riprende in mano il suo fluente e talentuoso songwriting e lo scioglie da ogni vincolo indie, immergendolo senza filtri in una dimensione totalmente e semplicemente folk rock. 
Le canzoni, come sempre, ci sono e sono a tratti strappacuore, nelle liriche di sincero autobiografismo e nella progressione melodica di nuda purezza. La voce e la chitarra acustica, usate con la grazia un po' scontrosa che conosciamo, fanno il novanta per cento de lavoro. Ogni altro apporto strumentale (una elettrica a punteggiare, un organo, una seziomne ritmica discreta e quadrata) è a servizio delle canzoni e scivola sui binari con concreta lucidità.
Non è più la Waxahatchee dolcemente ruvida che tutti hanno celebrato un lustro fa? Sì e no, in verità. Lo è in un modo diverso e in evoluzione, ma conservando quel fuoco creativo che Katie da sempre riesce ad alimentare e dominare.


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