26 febbraio 2017

Juvenilia - Juvenilia [ALBUM Review]

A volte accade di dimenticare per strada un disco notevole e di scoprirlo solo dopo diversi mesi dalla pubblicazione. E' il caso di questo omonimo album di debutto dei Juvenilia, band di Madrid che incide per la interessantissima Pretty Olivia Records.
Non c'è bisogno di aggiungere nulla sul fatto che l'indie pop spagnolo riservi sempre grandissime sorprese (non a caso l'album migliore del 2016 per questo blog appartiene a una band spagnola), quindi passiamo ad incensare giustamente i Juvenilia.
I cinque madrileni fanno un'operazione semplice e perfetta: mettono insieme chitarre jangly di stampo molto neozelandese (The Bats, per intenderci), un organo profumato di pop californiano, melodie di spietata immediatezza, ritmi uptempo di diffusa allegria, parti vocali e cori in cui i vari membri del gruppo si alternano. 
Ne risultano dieci pezzi gioiosi e trascinanti, in cui gli spagnoli sembrano dei veterani del genere e non certo degli esordienti, in totale controllo di un guitar pop spigliato, intelligente e assolutamente solare, sia quando si accontenta dell'essenziale (El Final, Extranos, El Rio), sia quando si diverte a dilatare i tempi (Tu esqueleto, Bambù, la splendida Atrapados), con due numeri finali (Fiesta Secreta e La Reina Del Sol) che strappano l'applauso. 
Davvero consigliato.




21 febbraio 2017

Ghost Thoughts - Purple Period [EP Review]

Purple Period, lavoro d'esordio dei Ghost Thoughts, è un oggetto decisamente particolare: a metà fra EP e mini allbum (ci sono 6 pezzi), nasce come side project di Davina Shell dei Thee AHs, band di Vancouver dedita ad un pop punk spigliato e variopinto, ma percorre una strada decisamente più morbida e nostalgica. Inoltre - caso piuttosto originale - ospita una cantante diversa in ognuno dei pezzi, in genere provenienti da band canadesi. 
Ciò che colpisce subito dei sei episodi di Purple Period è comunque la qualità molto alta della scrittura e un tocco delicato e raffinatissimo che ricorda da vicino i primi Camera Obscura. 
Davina alterna con mano tanto gentile quanto efficace momenti di eterea introspezione, impreziosita da sottili trine jangly (l'iniziale deliziosa David) e pezzi appena più veloci, melodicamente immediati e inclini ai cambi di ritmo (la splendida Everyone Dies Alone, l'entusiasmante e dinamica Unicorn, che chiude il lotto con il fascino vocale di Elisha Rembold), senza perdere quella gentilezza di approccio che sembra il vero marchio di fabbrica del progetto. I pezzi scorrono uno dopo l'altro con grande piacevolezza e fluidità, crescendo e rivelandosi nella loro elegante confezione artigianale ascolto dopo ascolto. 


 

16 febbraio 2017

Secret Meadow - Same Old Fear [EP Review]

E' proprio vero che le vie dell'indie pop sono infinite, se quattro ragazzi che non più di un anno fa hanno cominciato a suonare insieme dopo essersi conosciuti in un negozio di musica di Jakarta, sono arrivati a incidere il loro EP di debutto per la sempre benemerita Jigsaw Records di Seattle. 
Nessuna novità che esista una solida scena indie pop in Indonesia (negli ultimi anni mi è capitato di ascoltare qualche bnd di buone speranze), ma effettivamente i Secret Meadow sembrano avere la marcia giusta per farsi conoscere a livello internazionale. 
Come spesso accade per i gruppi dell'estremo oriente, anche i quattro di Jakarta prediligono il lato twee del genere, ma ad una programmatica gentilezza di tocco (molto evidente nello stile vocale) aggiungono una misurata energia dream pop che si nutre tanto di chitarre jangly quanto di elettricità statica e avvolgenti coperte di synth. Il risultato sono cinque pezzi dinamici e di presa immediata che cercano di conciliare atmosfere sonore cariche e freschezza melodica, centrando decisamente l'obiettivo in tutti gli episodi di Same Old Fear

11 febbraio 2017

Allison Crutchfield - Tourist In This Town [ALBUM Review]

Può darsi che il nome Crutchfield vi dica qualcosa. Se sapete chi è Waxahatchee (difficile che due anni fa vi siate persi quel mezzo capolavoro che è Ivy Tripp) allora ve lo ricordo: Waxahatchee è il nom de plume di Katie Crutchfield. Bene. Forse quello che non sapevate è che Katie ha una sorella gemella che si chiama Allison.
Per un bel po' di tempo le due sono state musicalmente inseparabili: hanno suonato insieme dai tempi del liceo in poi in una serie di band di cui a Birmingham, Alabama pare ancora si parli con nostalgia. Poi Katie ha sfondato ed è diventata giustamente una beniamina della critica indie. Allison invece ha girato un po' a vuoto: ha fondato e sciolto i Swearin', recentemente è stata in tour con Waxahatchee, e finalmente è arrivata al suo vero esordio (aveva pubblicato un EP lungo nel 2014) che - a differenza della gemella - porta in copertina il suo nome e cognome. 
Veniamo al punto. Allison Crutchfield non è Waxahatchee, ma inevitabilmente sembra possedere la medesima aura di magnetico e ruvido eclettismo, quella capacità di concentrare nello stesso denso guscio di urgenza espressiva atmosfere anche molto diverse (corde acustiche e distorsioni, nudità sonora e synth che sembrano lame, momenti a cappella e ritmiche torrenziali) senza perdere mai la rotta.
Se siete alla ricerca di un cantautorato in grado di stupire ad ogni nuova canzone, scoprirete che Tourist In This Town  è un album di grande valore, perchè di canzoni ne contiene 10 e sono letteralmente una meglio dell'altra. Come se la ventottenne dell'Alabama avesse rinchiuso il suo talento nel vaso di Pandora e adesso ce lo spalancasse davanti tutto in una volta. 
Difficile segnare una traccia ideale sulla mappa dell'album: si attraversano senza soluzione di continuità paesaggi scabri (Broad Daylight), strade crepuscolari di irrequieta e al contempo morbida introversione (I Dont't Wanna Ever Leave California, Charlie), autostrade dove spingere veloce il motore e alzare a palla l'autoradio (Dean's Room, Miles Away), orizzonti notturni in cui i pensieri si perdono (Sightseeing), torride stanze punk (The Marriage) e subito dopo finestre spalancate sulla luce (Secret Lives And Deaths), fino ad arrivare al magnifico e catartico finale aperto di Chopsticks On Pots And Pans.Un viaggio movimentato ma a tratti davvero entusiasmante.



 
 

03 febbraio 2017

Aüva - Side Effects [EP Review]

A pochi mesi dall'uscita dell'omonimo album di debutto (ne abbiamo parlato qui) tornano già i bostoniani Aüva con un EP di tre canzoni intitolato Side Effects
Abbiamo conosciuto gli Aüva come band piuttosto eclettica, votata ad una pischedelia dinamica fatta di chitarre jangly, armonie vocali anche complesse e un suono elaborato. Li ritroviamo oggi in forma smagliante, in tre episodi ugualmente validi, che in comune sembrano avere una propensione pop maggiormente pronunciata rispetto al passato.
All'iniziale Pretend il compito di rompere il ghiaccio con il suo ritmo che si fa decisamente ballabile nel ritornello, dove l'alternanza delle voci - tratto distintivo degli Aüva - si sposa alla perfezione con un varipinto tripudio di sinth e con l'energia dream pop delle chitarre.
Con la successiva All I Need la voce di Miette Hope diventa protagonista in una raffinata e larga ballata che sa di girl group anni sessanta e potrebbe uscire anche da un disco dei primi Camera Obscura o dei The School. 
E poi di nuovo sinth e ritmica torrenziale nella conclusiva Glitter & Weed, che rimette in chiaro le grandissime potenzialità melodiche della band, gioiose e coinvolgenti come i numeri migliori dei Magnetic Fields.
Una notevole conferma!