29 marzo 2025

My Raining Star - Momentum ALBUM REVIEW

Poi secondi dopo l'inizio di For Good, il pezzo che apre questo secondo atteso disco di My Raining Stars, l'impressione di trovarmi dentro una canzone degli Oasis del 1994 mi ha dapprima spiazzato, e immediatamente dopo mi ha fatto alzare sulla sedia. 

Che Thierry Haliniak fosse un appassionato cultore dell'indie dell'epoca d'oro (fine '80, primi '90) è comunque cosa nota fin dalle sue produzioni precedenti (non solo con questo suo progetto solista), e infatti nell'intero svolgimento di Momentum possiamo trovare una lunga lista di modelli da cui l'ottimo musicista francese - affiancato ancora dal produttore e multistrumentista danese Casper Iskov - ha tratto evidente ispirazione, citando stili e mood diversi. 

Ecco allora che troviamo uno psichedelico profumo di Stone Rose in Better Life, uno sfrigolante paesaggio dream pop nella suggestiva e davvero emozionante Stop The Time, memorie dei Ride più orecchiabili in Lost In The Wild, l'impasto chitarre voci melodia dei primi Teenage Fanclub in Lovers, e così via...

Ma sarebbe comunque riduttivo riassumere il talento di scrittura di Haliniak con la sua capacità citazionale: in verità in tutti i dieci episodi di Momentum c'è innanzitutto una delicata ma trascinate forza comunicativa che riesce sempre con estrema facilità ad usare la trama squillante delle chitarre, il dinamismo della sezione ritmica e la linearità melodica in modo perfettamente immediato ed efficace. Prendiamo ad esempio un gioiellino catchy come The Cost Within, che forse è la fotografia più a fuoco dello stile My Raining Stars, ma anche l'ambizione scenografica ed avvolgente della conclusiva Manhattan, che un po' ricorda gli Hurricane #1 di Andy Bell. 

Come già abbiamo avuto modo di dire in passato, i dischi di Thierry sono una carezza per gli appassionati di indie pop, e Momentum in questo senso è veramente un album imperdibile. 

25 marzo 2025

The Kind Hills - A Simple Life EP REVIEW

Deve per forza esserci un destino se sei ragazzi che provengono da parti lontane del mondo (almeno quattro continenti coinvolti) si incontrano da studenti universitari, scoprono un amore comune per l'indie pop (che, per inteso, non è precisamente il genere più diffuso tra i ventenni), fondano una band e riescono a tenerla in vita anche quando gli studi sono finiti, facendo fra l'altro dell'ottima musica.

Dopo un primo album uscito nel 2023, Bea, Brett, Chase, Sam, Jessica e Roman hanno confezionato questo gioiellino di EP pubblicato dalla sempre meritevole Subjangle (che è sudafricana, così siamo a 5 continenti). A Simple Life è un piccolo tesoro di sette canzoni di una eleganza artigianale fragile e preziosa, che sembrano davvero sbucate fuori da un altro tempo e un'altra dimensione, ironiche e leggere come una serata tra amici (i titoli parlano da soli e le liriche vanno di seguito: Vegans, You Only Call Me When You're Drunk, Netflix & Chill, Woke..) ma al contempo testimoni di un talento di scrittura fuori dall'ordinario. 

Musicalmente i Kind Hills si muovono in un territorio che sta a metà fra la sorridente indolenza jangly delle band Flying Nun, la dimensione casalinga e giocosa di un folk pop che ricorda persino i Sambassadeur (prendete Vegans), e il gusto melodico catchy e raffinato di gruppi come i Quivers, così attenti alla dimensione armonica vocale dei loro pezzi. Con in definitiva una attitudine cantautorale che prima di tutto sente l'esigenza di raccontare e lo fa con una rigorosa economia di mezzi. 

Tutto "in chill" più totale, come direbbero loro: poca elettricità, tante voci diverse, una diffusa orecchiabilità cantilenante e un po' bambinesca (anti-folk diciamo) che ti mette perfettamente a tuo agio. 

21 marzo 2025

Sea Of Days - Wound ALBUM REVIEW

Non c'è dubbio che Shane Speed sia un grande appassionato di shoegaze e di dream pop. Come molti dei musicisti di cui parliamo da queste parti, Speed è abituato a fare tutto da sé, mettendo l'intera propria cultura musicale dentro le sue produzioni casalinghe. 

Wound, che è il secondo album a nome Sea Of Days dopo l'esordio Adrift (del 2022), mostra in modo chiaro l'idea di indie pop di Shane: liquida, avvolgente, sottilmente malinconica e sognante, intessuta con una sapiente trama di chitarre cristalline, raffinatissima nella sua ricercata essenzialità. 

Dopo il soffuso e atmosferico inizio Wound Poem , dove sentiamo la voce di Maud Ayways, si succede una serie di pezzi di piacevolissimo dinamismo, che si muovono in punta di piedi tra paesaggi decisamente dream pop ora eterei e sfumati (la lunghissima City Shroud, dove l'uso dei synth è preponderante), ora più notturni e romantici (l'organo di Hold The Beauty Close), a tratti echeggianti i Cure più dilatati (Music In Silence)

Ma è soprattutto quando i ritmi si alzano leggermente e l'elettricità è più libera di fluire che Sea Of Days dà il meglio, perchè riesce ad unire con naturalezza catchyness e forza: la rotonda Where Do I Begin, la coinvolgente Duality, la splendida Caves, che a mio parere è il punto più alto del disco, con la sua calma che si trasforma in scenografico crescendo. 


15 marzo 2025

SONGS & EPs MARCH EDITION

Iniziamo con un piccolo ma splendido ep dream pop, quello degli australiani Rocket Rules. Ma è molto interessante anche il lavoro di In The Afterglow, che è shoegaze prodotto dichiaratamente con l'uso dell'AI. 

Tra i singoli il posto d'onore questo mese se lo prendono il pop-rock '80s flavoured dei Rightovers e l'irresistibile entusiasmo dei My Fat Pony. Da non perdere anche il singolo dei russi Blankenberge e la delicatezza senza tempo dei Sungaze. 

La quota "estremo oriente" questa volta la rappresentano i Cubfires. Quella power pop i newyorkesi Strange Neighbors

E sì, c'è un nuovo The Reds Pinks & Purples, più sfrigolante che mai...

EP:

SINGOLI:

 





 






07 marzo 2025

Beach Vacation - Let Go EP REVIEW

Tabor Rupp fa musica da almeno una dozzina di anni in quel di Seattle, usando il moniker Beach Vacation. 

Il dream pop del suo alter ego artistico è da sempre in assoluto uno dei più soffici e avvolgenti che ci siano in circolazione: chitarre jangly che si allargano nella superficie sonora dei pezzi come cerchi nell'acqua, synth atmosferici intorno, la voce filtrata e quasi sussurrata, le melodie di delicata rotondità che non osano mai sforare nell'immediatezza.

I sei episodi di questo Let Go EP, che esce per la sempre ottima label francese Too Good To Be True (la stessa di Meyverlin e My Raining Stars, che in effetti possiedono il medesimo mood), possono un po' assomigliare a qualcosa di Castlebeat o di Day Wave, ma in realtà hanno una forte personalità propria, che fanno fiorire i germogli post punk in un giardino invernale diafano e innevato. 

Come Back, con il suo delizioso e sognante dinamismo, è un piccolo gioiello. 

28 febbraio 2025

Roller Derby - When The Night Comes ALBUM REVIEW

Un paio d'anni fa, parlando dell'album di debutto dei Roller Derby, citavo il concetto di pop touch come vero marker stilistico della band. Ovvero quella propensione naturale di alcuni artisti che, pur muovendosi dentro i confini di un genere particolare (dream pop nella fattispecie), riescono ad allargarne i contorni fino quasi a farli sparire e al contempo raggiungono un livello di catchyness tale da rendere la loro musica universalmente e facilmente fruibile. Ce l'hanno i Bleach Lab, per dire, ma a loro modo anche gli Alvvays.... 

Nel caso di Philine Mayer e Manuel Romero Soria - i Roller Derby nascono e vivono grazie alla loro perfetta simbiosi artistica - il pop touch è talmente evidente e dominante da definire quasi di per sé il loro stile, trasformandolo in un'esperienza da un lato emozionale e dall'altra dannatamente raffinata.

I dieci pezzi di When The Night Comes possiedono davvero un senso di "bellezza" decisamente peculiare: sono morbidi e malinconici, romantici e scenografici, crepuscolari e di rotonda piacevolezza, sottilmente inquietanti ma assolutamente confortevoli, luminosamente diafani e programmaticamente algidi. 

La voce di Philine, che è elegante come Nico ma meno spigolosa, è il plus della band di Amburgo: ha un magnetismo che è anche difficile da spiegare a parole, ma tiene insieme tutto con una forza quasi magica. Intorno tutto gira con l'armonia dreamy e retro-pop che conosciamo fin dai loro esordi: chitarre, basso e synth che parlano la lingua degli '80, avvolgenti e dalla superficie corrusca, al servizio di melodie che partono sommesse e si aprono sempre verso ritornelli di intelligente e sorniona immediatezza. Quello che è stato il mondo dei Sambassadeur, che forse è il gruppo che più si avvicina ai due tedeschi, ma anche di tanti altre band scandinave (qualcuno ricorda i Burning Hearts?)...

In effetti, se il primo album dei Roller Derby era dichiaratamente una collezione di singoli, questo non lo è, però lo sembra a tutti gli effetti, perchè quasi tutti gli episodi hanno - ci ripetiamo - quel tocco pop che li rende "facili", pur non essendolo affatto nella scrittura e nella confezione.

Già l'infilata iniziale - Dreams, Last Night e Ready To Forget - vale il viaggio e disegna un ritratto chiarissimo di quello che il duo di Amburgo vuole fare: grandi melodie, forte emotività lirica, straordinario dinamismo e una confidenzialità cartchy che parla direttamente alle orecchie e al cuore di chi ascolta. Ma l'intero When The Night Comes è nel complesso veramente uno scrigno di canzoni spacca cuore, da Emily's Dance a Goodbye, che riescono sempre a mescolare - deve essere nel dna dei tedeschi da due secoli e mezzo - un'eleganza apparentemente un po' distante ad un afflato passionale quasi estenuato. 

Un disco di radiosa e notturna bellezza. 

22 febbraio 2025

Darksoft - Rationalism ALBUM REVIEW

Nel novero dei musicisti che fanno band a sè, scrivendo, suonando pressoché tutti gli strumenti e producendo la loro musica in una dimensione casalinga, possiamo senz'altro annoverare anche Bill Darksoft da Portland, Maine. 

A partire dal 2018, Darksoft ha pubblicato numerosi album, singoli ed ep, tutti ispirati ad un ideale mondo sonoro che sta a cavallo fra l'indie pop originario, il jangle pop alla Day Wave e il dream pop / shoegaze degli ultimi Slowdive. 

Rationalism, l'album appena uscito (è il seguito di un Relativism pubblicato prima dell'estate scorsa), mostra in modo efficacissimo quale sia la strada percorsa da Darksoft: atmosfere di sognante morbidezza, chitarre che si intrecciano in nome di un'aerea leggerezza, la voce che resta sempre soffice e confidenziale (la somiglianza con quella di Neil Halstead è davvero notevole), le melodie allungate cantilenanti e circolari, i synth quasi onnipresenti ma mai invadenti, che gettano le fondamenta su cui si costruisce il resto. 

I dieci pezzi del lotto, catchy ma sempre delicatissimi, brillano di un'essenzialità di fondo che riesce sempre a creare un paesaggio che si dilata intorno con una estrema rilassante piacevolezza. 

14 febbraio 2025

SONGS & EPs VALENTINE'S DAY EDITION

Tante canzoni di cui innamorarsi perdutamente nella collezione di San Valentino: aprono i nostri favoriti The Blue Herons e chiudono i giapponesi Softsurf, la sorpresa del mese. In mezzo un sacco di cose belle: un singolo straordinario dei tedeschi Roller Derby, due pezzi nuovi dei Club 8, il post punk di Castlebeat, il ritorno del power pop lo-fi dei Tossing Seed e di quello trascinante dei Pálida Tez...

E poi tre cantautrici super interessanti: Simona Catalani in arte simmcat, Housewife e Alice Kat. 

E poi due ep da ascoltare assolutamente, entrambi a intrisi di romanticismo jangly: quello dei The Royal Landscaping Society e quello gli indonesiani The Sweetest Touch

I singoli:

 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 



Gli ep:

 

08 febbraio 2025

The Pains Of Being Pure At Heart - Perfect Right Now ALBUM REVIEW



Tra il 2007 e il 2009, a Brooklyn, Kip Berman, Alex Naidus, Peggy Wang e Kurt Feldman cercavano di far conoscere la band che avevano appena fondato in una scena indie colma di gruppi più o meno bravi che credevano ancora nella musica fatta con chitarra, basso, batteria e una melodia catchy. Non erano bravissimi tecnicamente, ma sicuramente a ciò che facevano ci credevano ciecamente, con un pizzico di incoscienza post-adolescenziale (non erano più dei ragazzini in verità, almeno all'anagrafe). 

Un'etichetta discografica, la Slumberland - storia lunga alle spalle e una certa fama nel mondo indie americano, giusto in un momento di rilancio - venne folgorata dall'urgenza comunicativa di questa band dal nome lunghissimo e improbabile, e diede la stura ad una carriera che di lì a poco avrebbe reso i quattro dei perfetti idoli alternativi per gli hipsters di mezzo globo. 

Una vicenda che, se non la conoscete già, ho raccontato qui

Oggi la Slumberland (che, tra parentesi, è la casa di tantissime band che adoriamo da queste parti) ha deciso di farci un regalo stupendo: un album che mette insieme dieci pezzi usciti in quel breve torno d'anni come b-sides o singoli e che non sono presenti nei primi due album dei Pains. La copertina, come potete vedere, è la stessa - meravigliosa, iconica - del disco d'esordio, colorata però stavolta in giallo e blu. 

La collezione ci offre davvero uno splendido excursus dagli esordi nei club semideserti fino alla prima consacrazione. Muove giustamente da cose decisamente "raw" nell'approccio produttivo e arriva ad un pezzo che è probabilmente lo Zenith creativo di Berman e compagni. Ma procediamo con ordine... 

Si comincia con una Kurt Cobain's Cardigan (uscita nel 2008 per la inglese Painbow, siamo davvero agli albori), che risuona a pieno di quel vitale ed entusiastico orgoglio post punk che era la benzina nel motore della band quando muoveva i suoi primi passi: i'll walk the lenght of your town / 'til there's no one around except us punks / The day we are not it's allright / so don't tell me it's the last night of our young lives

Ottima premessa per una versione davvero primigenia di un classicone uptempo, sfrigolante e "catchy as fuck" come Come Saturday, che è stata una dei primi pezzi che i newyorchesi suonavano ed era già chiaramente destinata a diventare una delle loro signature songs. 

Ramona invece - b-side del singolo Young Adult Friction, siamo nel 2009 - ci rivela alla perfezione quella capacità narrativa insieme tenera e sferzante che Berman ha sempre posseduto, in un pezzo che suona come un affascinante crossover di Belle & Sebastian e Jesus & Mary Chain: tell me a story i've never heard / with your pristine hand writing dirty words

Anche The Pain Of Being Pure At Heart, la canzone che porta il nome della band, è una fotografia del gruppo al suo debutto. Quadrata, a suo modo solenne nel suo romanticismo adolescenziale che sovrappone Ramones e The Manhattan Love Suicides, nella sua antemica semplicità è, fra i tanti anthem scritti dal band, uno dei meno conosciuti e insieme il più spacca-cuore: we are so sure we will never die ripetono all'infinito Kip e Peggy. E come dar loro torto! 

Sappiamo bene, d'altra parte, come l'intera prima parte della discografia della band di Brooklyn sia incentrata sulla tematica della "giovinezza infinita", del trovarsi su una soglia esistenziale che non si vuole attraversare, sul riconoscersi come parte di una minoranza di punk/nerd che trova senso solo nello stare insieme a suonare o ascoltare musica. E infatti Ponytail Forever (era la b-side di Come Saturday), che punk lo è nella dimensione e nell'essenzialità dei tre accordi, racconta esattamente questo, con il consueto spirito naïf: i just wanna hang around, not afraid of anything!

Sino a qui tutto quello che fu pubblicato prima del mitico album d'esordio. 

Higher Than The Stars uscì invece nel settembre del 2009, quasi a completare idealmente un disco che aveva improvvisamente lanciato i TPOBPAH nell'olimpo dell'indie pop, facendoli diventare un piccolo fenomeno delle classifiche alternative di mezzo mondo. Il pezzo che dava il titolo all'epoca è uno dei capolavori della band e segna, nel suono, nella costruzione e nelle liriche, l'ingresso nella seconda era dei Pains: il paesaggio sonoro è di sfavillante e sognante morbidezza, i synth di Peggy Wang avanzano in prima fila, la dimensione è assolutamente quella del dream pop. La storia raccontata da Kip è ermeticamente malinconica, allude forse a un amore adolescenziale, e quando canta now you can't think straight, because you're not straight, in the back of her's mother car scatta qualcosa che ti fa venire voglia di piangere e di ridere di felicità allo stesso tempo. 

103, Falling Over e Twins, i pezzi che ascotiamo di seguito (e che erano inseriti nell'ep accennato sopra), sono in modo evidente estratti dalle sessions dell'album, ma all'epoca furono lasciati fuori dal lotto (peccato soprattutto per Twins, che ha quel mood soffice e sfrigolante che domina il disco e tutto sommato ci sarebbe stata alla perfezione). Falling Over è forse la canzone più interessante, perchè esce dallo schema guitar pop consueto del gruppo e tenta una strada diversa, con il basso di Alex Naidus super protagonista a dare struttura a un pezzo quasi funkeggiante. E' un anticipo di cose che Berman farà (da solo) negli ultimi album. 

Ok. Facciamo un bel respiro largo perchè adesso c'è da saltare sulle sedia. 

Say No To Love uscì l'8 giugno 2010 come singolo che anticipava di qualche mese la pubblicazione dell'album Belong. A sorpresa non finì dentro quell'album, restando a in qualche modo intrappolata nello iato creativo fra il primo disco e il secondo. Fu però accompagnata da un video fatto con un budget di pochi dollari destinato a diventare iconico per i fan dei Pains: i tre maschi del gruppo che sprizzavano energia dai loro strumenti in un fienile in una campagna assolata, Peggy che da sola faceva una passeggiata a New York portando a spasso i suoi vent'anni e alla fine arrivava magicamente al luogo dove gli altri Pains avevano suonato, provava tutti gli strumenti come per gioco, e poi trovava il suo posto perfetto dietro le tastiere. Say No To Love è probabilmente il pezzo più sfrontato, rotondo, energetico e comunicativo che i quattro di Brooklyn abbiano mai scritto: l'anello elettrico e ideale in grado di tenere insieme i Jesus & Mary Chain, i Cure più scampanellanti e mezzo catalogo della Sarah Records, tirandoli giù da scaffali pronti a prendere polvere e frullandoli insieme in una gioiosa e post-adolescenziale giostra indie. Something's coming, but nothing ever does canta Kip, facendo un ritratto incredibile di come ci siamo sentiti tutti quando ci sembra che i nostri sogni si possano/debbano realizzare di lì a poco e invece ci tocca ricominciare da capo. Uno dei testi più pensosi che Berman abbia scritto, che però esplode in un fuoco d'artificio catartico con un antemico ritornello - "è meglio se dici no all'amore" - attorno al quale tutto (lo scampanellio delle chitarre, l'elettricità libera e distorta, la dinamica dritta del basso e della batteria) accende la luce ed illumina l'intero orizzonte. 

Poche canzoni come queste ci costringono - direi fisiologicamente - a mollare tutto quello che stavamo facendo, alzare il sedere e spalancare tutte le finestre. I Pains volevano essere questa cosa qui: twee dentro, nell'anima, una bomba atomica melodica fuori. 

Intendiamoci, non c'è nulla qui che un fan dei panie non abbia già ascoltato cento volte, ma la comodità di ritrovare tutto insieme, in un'infilata di canzoni tutte di grandissimo impatto, è un'esperienza impagabile. E noi non possiamo che ringraziare ancora con il cuore in  mano la Slumberland non solo per questo regalo che ci fa, ma soprattutto per avere creduto in quei quattro ragazzi che nel 2008 suonavano musica rumorosa e romantica in club semideserti. 

03 febbraio 2025

Waving Blue - Take Care Of Your Sadness - Fifteen Years Of Waving Blue ALBUM REVIEW

Su queste pagine scriviamo spesso di musicisti che scrivono, suonano, registrano e producono le loro cose nella splendida solitudine creativa della propria casa. Ne citiamo solo alcuni: Andy Jossi, Glenn Donaldson, Josh Hwang... All'elenco sarebbe però doveroso - non da oggi, in verità - aggiungere anche Michele Cingolani, che dalla sua cameretta di Fano fa musica da almeno quindici anni facendosi chiamare Waving Blue, con la serietà, l'entusiasmo e direi anche l'umiltà propria dei grandi artigiani.

L'inglese Shore Dive Records ha oggi il merito di pubblicare un album che colleziona un'ampia selezione delle canzoni pubblicate nei dischi precedenti di Waving Blue, con due inediti in aggiunta. E' davvero un'occasione imperdibile - se già non conoscete il dream pop / shoegaze / indie rock di Cingolani - per scoprire il talento di un progetto artistico che può stare tranquillamente nel novero delle migliori band di genere della scena internazionale. 

Giusto qualche esempio scelto tra i diciotto dell'album, per tracciare velocemente un ritratto della musica di Waving Blue. Se un pezzo magnifico come Every Step mostra l'amore di Cingolani per l'indie melodico e vigoroso dei Dinosaur Jr., Wash Your Face In The Sun ha ben impresso nel suo dna sonoro la forza mesmerica degli Slowdive. La lunga ed emozionante Days assorbe tanto la lezione dei Ride quanto lo sguardo oscuramente sognante dei Cure. Il quasi uptempo di See You At The Club imbastisce una fitta trina di chitarre che assomiglia molto a quelle di Day Wave. La distorsione liquida e sfrigolante di Fill The Void, di Mistakes o di Push parla decisamente il linguaggio formale dello shoegaze, ma con la sfumata delicatezza di tocco e la malinconia post punk che contraddistingue ogni produzione di Cingolani. Con So Dull il paesaggio si spalanca a un dream pop denso e catartico al tempo stesso. Not A Thing I'm Good At scintilla di quell'aura pop obliqua che avevano tante band della scena indie americana dei Novanta. The First Time osa addirittura essere catchy nelle sue luminose dinamiche guitar pop. At The Edge Of My Bed sembra uscita da un disco dei primi Castlebeat. La conclusiva The Strenght - acustica, piano, crescendo elettrico liberatorio - sembra uscita dalla penna miracolosa di The Reds Pinks & Purple. 

Insomma, un viaggio lungo quindi anni o più condensato in poco più di un'ora di musica di grande intensità e grande raffinatezza formale, frutto di una grande cultura di genere e di una ammirevole coerenza artistica.